14 dicembre 2024

Sabato della seconda settimana di Avvento

Mt 17, 10-13
Siamo subito dopo la trasfigurazione di Gesù. Ormai tra i discepoli si può parlare apertamente di Gesù come Messia (Pietro ha già fatto la sua confessione di Gesù come Messia e figlio di Dio). Ma c’era un problema: era convinzione comune, basata peraltro sulla Scrittura, che prima del Messia doveva tornare il profeta Elia. Senz’altro i discepoli nel fare la loro domanda, pensano ad eventuali obiezioni che gli avversari di Gesù avrebbero potuto fare: come può pretendere di essere lui il Messia, se ancora non è venuto il precursore che Dio ha promesso di mandare? Gesù conferma che Elia verrà, anzi è già venuto, ma i giudei non l’hanno riconosciuto. Il suo nome non era Elia, ma ha svolto il compito di Elia di essere il profeta dell’ultima ora e di preparare il popolo al regno di Dio. Il popolo non ha riconosciuto questo segno. Tanto meno, quindi, riconoscerà il segno del Figlio dell’Uomo, del Messia. Per cui, come ha sofferto Elia, come ha sofferto Giovanni Battista, così dovrà soffrire lui, Gesù, da questa generazione disobbediente che si ribella alle vie di Dio per seguire le proprie, che non ascolta il richiamo dei profeti e non si converte. E’ questa la via della salvezza. Giovanni Battista non è un profeta illuso, tragicamente fallito: proprio con la sua morte prepara le vie della salvezza messianica. E in ciò si realizza la sua più profonda affinità con Gesù: anche lui è morto come il grano di frumento che viene deposto nel terreno e solo dopo che è morto, porta frutto. Una lezione dura per me: per raggiungere la vita bisogna morire; per dare la vita agli altri, bisogno morire. È l’unico modo per “seguire” Gesù. L’ho capito fino in fondo?

P style=“text-align: right;”A cura di Don Gian Franco Poli