sabato della XXVII settimana del tempo ordinario
In quel tempo, mentre Gesù parlava, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» (Lc 11, 27-28).
Una donna della folla, di fronte alla sapienza mostrata da Gesù nella risposta ai suoi accusatori, “alza la voce” e se ne esce in una spontanea glorificazione di sua Madre: la donna che ha dato alla luce un tale figlio è degna di essere benedetta. È un pensiero tipicamente giudaico ed orientale: l’onore e la felicità di una donna proviene dai figli che ha generato. Gesù respinge una valutazione onorifica basata esclusivamente sul rapporto naturale con la sua persona, perché tale rapporto non ha alcun valore religioso: beato, ripete spesso Gesù, è chi ascolta la parola di Dio che lui predica e – soprattutto! – la mette in pratica. Qui dal testo risulta chiaramente che non c’è alcun “disprezzo” per la parentela naturale; essa viene solo riportata entro i suoi limiti: la parentela naturale con Gesù è ben poca cosa rispetto alla sincera ricerca del regno di Dio. Non c’è quindi alcun disprezzo per Maria: Gesù vuole solo dire che se ella è beata e degna di essere benedetta, non è perché è sua madre, ma perché ha ascoltato la parola di Dio e l’ha messa in pratica. L’insegnamento che mi viene da questi due versetti è perfettamente chiaro: mi dice dove sta l’essenziale. E dove non sta. Forse sono tutto soddisfatto perché faccio parte di una parrocchia che funziona molto bene, di un gruppo che si distingue… e magari nel gruppo sono molto importante. Sì, bravo/a! mi direbbe Gesù, ma… Ecco, è questo “ma” che devo esaminare con attenzione, ed esaminarlo in base alla domanda ovvia: “ascolto e metto in pratica la parola di Dio?” O in quello che faccio in parrocchia, nel gruppo o altrove, cerco me stesso/a?
p style=“text-align: right;”A cura di Don Gian Franco Poli