martedì – San Giosafat
Lc 17, 7-10
La parabola del servo (in realtà si tratta di un vero e proprio “schiavo”, proprietà del suo padrone, anche in Israele), che per la nostra sensibilità risulta piuttosto fastidiosa, serve a Gesù per esprimere una delle dottrine fondamentali del Vangelo, dottrina che lo mette in aspro contrasto con la dominante dottrina farisaica secondo la quale a chi osserva la Legge è dovuto un compenso da parte di Dio. Gesù, invece, vuole insegnare che tutti i doni che Dio fa agli esseri umani sono solo grazia, libera concessione della bontà divina. Con questo, però, non vuole affermare che tutte le azioni morali dell’uomo sono prive di valore davanti a Dio e che l’uomo non è capace di compiere opere veramente buone: vuole solo dire che c’è una distanza infinita tra ciò che noi possiamo “meritare” con lo nostre buone opere, e ciò che Dio ci dà. Già il servirlo, è una grazia. Così, questa parabola ci offre la migliore descrizione e motivazione dell’umiltà cristiana. Quando frequento le celebrazioni liturgiche, mi sento “bravo”: do del mio tempo a Dio e Dio mi ricompenserà! Se la penso in questo modo, non ho capito niente del mio rapporto con Dio. E non ho capito che se la domenica vado a messa, anche questo è un dono che Dio mi fa.
P style=“text-align: right;”A cura di Don Gian Franco Poli