11 dicembre 2024

Mercoledì della seconda settimana di Avvento

Mt 11, 28-30
Gli affaticati e oppressi che Gesù chiama a sé, sono coloro che sospirano sotto il peso della legge religiosa che gli scribi impongono a chi vuole essere giusto. Anche se era considerata il più prezioso possesso d’Israele, la legge, nelle formulazioni in forma casistica che le avevano dato i rabbini, era diventata un giogo opprimente per i devoti e impossibile da portare da parte del basso popolo. Gesù propone un altro giogo: quello dell’unico comandamento dell’amore di Dio e del prossimo. Ed è un giogo leggero perché libera da una quantità opprimente di decreti della legge che gli ebrei dovevano osservare. Gesù, per invitare a seguirlo, si presenta come “mite ed umile di cuore”: chi lo seguirà, troverà in lui ristoro e pace. Ma non bisogna fraintendere queste parole “tranquillizzanti” di Gesù: in altri passi egli ha espresso con inesorabile rigore l’altezza e la severità delle esigenze morali cui devono soddisfare i discepoli. Seguire Gesù, equivale a soffrire a causa del “mondo”. Quando Gesù definisce “leggero” il suo giogo, intende dire che osservare i suoi comandamenti non è una esigenza impossibile ed opprimente per chi decide di seguirlo, e che nonostante le sofferenze e le difficoltà provocate dal mondo, il discepolo avrà sempre da Dio la pace interiore. E’ vero che Gesù esige il massimo dai discepoli, ma dà anche la certezza di avere in Dio il proprio rifugio: se ho dovuto soffrire “a causa sua”, ho fatto concretamente l’esperienza di “avere in Dio il mio rifugio”? O mi sono lasciato prendere da sconforto, delusione o altro?

P style=“text-align: right;”A cura di Don Gian Franco Poli